Teodoro Zweifel era uscito il giorno prima dal carcere, assolto per insufficienza di prove. Godeva di una salute eccellente e possedeva un po’ di denaro. Nel 1920 aveva preso l’abitudine di masticare il chewing-gum abbandonato sui mercati europei dai soldati di ritorno in America: in pochi mesi gli stocks si erano esauriti, la moda era passata, ma l’abitudine gli era rimasta. Nel 1930 aveva contratto quella delle parole incrociate. Le parole incrociate sono il chewing-gum dell’intelligenza. Siccome i nomi Maria, Laura, Dirce, Rosa, Lulù sono troppo mistici, letterari, mitologici, botanici e – come si diceva vent’anni or sono – cocotteschi, chiamava le sue amiche H 26, F 13, nomi che si danno ai sottomarini e alle spie. Da una donna qualunque, scomparsa un bel giorno come scompaiono le donne, aveva avuto un figlio eccezionale, che era stato il suo tormento. Educarlo, che cosa difficile! Diceva: “Di balle non mi sento di raccontargliene, e la verità non ho il coraggio di dirgliela. In questa formula è riassunto, per quei pochissimi che se lo pongono, il problema dell’educazione”. Poi il figlio si era ammalato di meningite. In una di quelle lingue morte che i furbi adoperano per smaltire le fanfaluche ai vivi, si dice che “muor giovine colui che al Cielo è caro”.
Frequentava di rado le donne, questi meravigliosi esseri negati al ragionamento, che sfogano la propria collera sulle cose inanimate e sono nell’impossibilità fisica di tacere.