Leonardo

Ciao, Leonardo!

Carissimo Leonardo, caro figlio, fratello, moroso, nipote, cugino, amico nostro.
Come possiamo narrare “i tuoi anni in poche frasi”? Non è possibile, per l’immensa ricchezza che hanno espresso, ma ci proviamo lo stesso, consapevoli della quantità di omissioni e sperando di non annoiare.


Sei stato un ragazzo molto fortunato. Hai goduto una vita che hai voluto afferrare in ogni suo momento, non lasciando che mai un solo giorno ne andasse sprecato. Hai vissuto moltissime esperienze e attraversato tantissime comunità.

A cominciare dall’asilo nido, coccolato dalla tua maestra Vania, dove hai incontrato Francesco, il tuo primo grande amico della vita, il tuo secondo fratello, come amavate definire il vostro profondo legame. Dopo la materna con “i blu” e la maestra Patty e le primarie con la maestra Adriana (che ti ha trasmesso l’amore per le cose “ricche e complete”, come diceva lei) hai proseguito il tuo percorso scolastico scegliendo le medie Betteloni, una scuola lontano dal tuo quartiere, per seguire alcuni amici che là si erano iscritti.

Accettammo la tua netta volontà dietro condizione che non ti avremmo mai accompagnato a scuola, che avresti dovuto gestirti da solo, in bici o in bus. E così facesti, senza problemi, dimostrando non solo la tua forza di volontà, ma anche le tue emergenti doti di “leadership”. Giovanissimo apostolo della mobilità sostenibile convincesti infatti molti compagni a convertirsi al bus, anticipando progressivamente la partenza per evitare la congestione dei mezzi da parte dei più grandi e dei loro zainetti che urtavano le vostre teste piccine, fino a partire oltre un’ora prima dell’inizio delle lezioni, arrivare a scuola, mollare le cartelle davanti al cancello e fare una bella passeggiata quotidiana tutti assieme attorno all’isolato, da Valverde a Pradaval, ritornando lungo Corso Porta Nuova. Lo scoprimmo dagli scontrini per le caramelle nelle tasche; scontrini da 10 centesimi, perché il papà ti aveva detto che “bisogna chiederlo sempre…”. A pensarci adesso viene ancora da sorridere, come sorridemmo allora per l’originalità dell’iniziativa.

Poi le superiori al “Messe”, dove hai costruito solide amicizie che durano tuttora, e la disavventura della bocciatura, che però non ti ha fatto cambiare idea sulla validità della scelta liceale, da cui il trasferimento al “Fraca” dove hai concluso il tuo cammino superiore con nuovi amici e nuove esperienze (lockdown compreso). Sempre sorridendo, sempre tenendo banco, alzando il morale della classe, anche in videoconferenza (memorabili i tuoi concerti e siparietti). Credo di aver salvato i messaggi di saluto dei genitori di seconda al Messedaglia, dispiaciuti per la perdita della tua compagnia. Si raccomandavano che mantenessimo i contatti con i tuoi compagni (non dipendeva da noi) senza immaginare che per te sarebbe risultata una cosa naturale.

Della scelta universitaria non si discute: per un ragazzo che conosce tutte le bandiere del mondo e tutte le capitali degli Stati Uniti d’America, Scienze politiche, relazioni internazionali e diritti umani era sicuramente la scelta giusta, e tale si è dimostrata, con un percorso regolare e senza strappi (ma misurato, senza eccessi, per non creare troppe aspettative e ansie nei tuoi genitori). La ricca e intensa esperienza Erasmus a Pamplona ha condito il tuo percorso che stava per giungere alla fine. Ma qui siamo già al triste presente.

Ci piace allora tornare un poco indietro per accennare a quello che chiamavamo il tuo “libretto delle feste”, regolare come quello degli esami e “completo di tutti i bollini”, più qualche extra, ché una festa senza il Leo non era festa e tu non avresti mai deluso i tuoi amici mancando a qualche evento! Lo sa bene Matteo, compagno di appartamento a Padova, con il quale al prescuola della Primaria progettavate la vostra casa di quando sareste stati grandi, senza immaginare, allora, che ci sareste riusciti per davvero.

Con lo scoutismo hai incontrato una nuova, bellissima comunità. Dagli otto anni in poi, fino al momento del Saluto, tre anni fa, hai vissuto esperienze importanti e significative per la tua formazione di uomo, incontrando i fratelli e le sorelle oggi qui presenti, con i quali hai condiviso il tuo sentiero, sperimentando gioco, avventura, strada e servizio, con l’obiettivo di “lasciare il mondo un po’ migliore di come lo hai trovato” (e ci piace pensare che tu ci sia riuscito).

La tua vera passione era l’attività fisica.
Naturalmente dotato di una grandissima padronanza del tuo corpo non ti è mai stato difficile riuscire in qualsiasi sport. Ti sei divertito con nuoto (sin dai primi mesi di vita), judo, tennis, bicicletta, trekking, sci, calcetto, surf… ma era in vasca con la tua squadra di pallanuoto che esprimevi le tue più belle doti sportive. Anche ballare ti riusciva bene, ché il tuo corpo è sempre stato un mezzo per esprimere te stesso, la tua forza, energia, bellezza. Guardarti ci rendeva consapevoli del grande dono che avevi ricevuto. Un dono molto bene allenato, con una partitella, un paio di set a tennis, una nuotata quasi ogni giorno…

Georges Hébert diceva che “la vera forza è una sintesi fisica e morale che risiede non solamente nei muscoli, nella potenza cardiaca, nella destrezza, ma prima di tutto nell’energia che l’utilizza, nella volontà che la dirige, nel sentimento che la guida”. Tu l’avevi capito e siamo certi che attraverso l’esercizio fisico avresti realizzato il motto “essere forti per essere utili” tanto caro agli scout.

La musica ha sempre fatto parte della tua vita.
Già dalle primarie, con la maestra Elisa del progetto Disegnare Musica di Elisabetta Garilli, hai iniziato ad educare la tua sensibilità musicale e il tuo spiccato senso del ritmo. Durante i saggi del progetto, nell’aula magna delle Vivaldi (intestazione già di per sé beneaugurante), era una vera gioia osservare quei piccoli bambini cimentarsi in esercizi di musica d’insieme. Una bellezza rara, frutto di un’intuizione e un impegno che sono stati per molti bambini della vostra generazione una fortuna e un’occasione più unica che rara.

A dieci anni hai ricevuto il tuo primo lettore MP3, riempito dal papà (a suo gusto), con il quale hai cominciato a coltivare la conoscenza di un repertorio vastissimo, che hai poi sviluppato in autonomia, spaziando così nei periodi dagli anni 30 (con lo zampino del nonno) ad oggi e nei generi dal folk al reggaeton. Dopo una prima esperienza con la batteria alla Scuola Civica Maderna, alle scuole medie, attraverso gli “assaggi” strumentali proposti dalla prof.ssa Paladini (grazie prof!), hai scoperto la tromba e ti sei avvicinato allo strumento con grande entusiasmo, scoprendo il piacere della musica suonata, sotto la guida del maestro Enrico, grande educatore e amico, che ti ha aiutato a perfezionare la tecnica e a mantenere il tuo impegno costante nel tempo, resistendo alle periodiche tentazioni di mollare tutto (perché a te, famelico di esperienze sempre nuove, talvolta difettava la costanza). E proprio il piacere di suonare assieme, padre e figlio, è stato un altro grande dono che mi porto nel cuore. Quanta intesa, e quanta allegria per tutta la famiglia, nei piccoli concerti domestici del duo ELLELLE! Per fortuna conserviamo tante clip…

Amavi impegnarti nel lavoro
e in ogni esperienza mettevi il massimo della tua dedizione e del tuo sorriso. In questi giorni abbiamo ricevuto le testimonianze addolorate di tutti i tuoi datori di lavoro, anche di chi per ultimo ti aveva assunto per soli quattro giorni, annotandosi, dopo il solo colloquio, il tuo nominativo come “ragazzo in gamba, da coltivare”. Riccardo di “Burro e Salvia” e Alessandro e Luca di “Pizza Follia” hanno ricordato quanto tu fossi speciale con una tenerezza e una stima sincera che ci ha fatto inorgoglire e piangere allo stesso tempo. Non sono parole di circostanza, ce le avevano già dette, così come le confermavano i tuoi colleghi, che amavano essere in turno con te e che sono venuti tutti a salutarci.

E poi c’erano i viaggi,
tanti, già ad oggi molti di più di quanti ne abbiamo fatti io e mamma in tutta la nostra vita. Sempre in compagnia di ottimi amici, che mettevi assieme per l’occasione in combinazioni che si rivelavano riuscitissime. Felicità per te era avere sempre almeno un biglietto in tasca, sempre progetti in mente… e un voucher Ryanair rappresentava la certezza di farti un regalo gradito. Vederti organizzare una vacanza con gli amici era uno spettacolo e ultimamente lo era ancor di più quando ad organizzarlo eravate tu ed Anna.

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Anna, una ragazza forte che ti ha conquistato e che ha conquistato tutti noi. Era bello vedervi costruire giorno per giorno il vostro amore, sentire la tua dolcezza nei suoi confronti, riconoscere che stavate pensando al vostro futuro con la serietà di chi sente di aver trovato la persona giusta nella consapevolezza di avere ancora tanta strada davanti.

Stavate vivendo una storia rispettosa degli spazi e delle abitudini di ciascuno, entrambi dotati di idee chiare e personalità, forti e determinati nei vostri obiettivi, con il futuro in mente, da definire assieme. Ci sembrava che foste bene assortiti, che foste proprio fatti l’uno per l’altra; infatti spesso ti dicevamo “tienila da conto, la tua Anna: è una perla preziosa che non si trova facilmente”.

Sappiamo che anche per lei sarà difficile ripartire, ma è un impegno che alla vostra età non può essere trascurato. Tutto questo ci rattrista e ci addolora, ma ti assicuriamo Anna che a casa nostra, a casa di Leo, potrai sempre trovare un porto sicuro ogni volta che ne avrai bisogno.

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Portiamo con noi la grande consolazione, per nulla scontata, di non avere rimpianti.

Non abbiamo il rimpianto di parole non dette,
ché parole ne dicevamo sempre, e quante! Le nostre conversazioni sono sempre state un momento di sano e vivace confronto, un’occasione preziosa di arricchimento reciproco. E davvero, le parole che dovevamo dirti ce le siamo sempre dette tutte e non è passato giorno senza un “ti vogliamo bene”, “sei una persona bellissima”, “siamo tanto fieri di te”.

Amavi conversare e i tuoi argomenti spaziavano in tanti campi, dal cinema alla storia, dalla geografia alla politica, senza trascurare la contemporaneità spicciola, ché i tuoi interessi erano poliedrici. Eri decisamente un umanista, e quanta soddisfazione i nostri giochi a tavola, conditi di ironia e qualche sottinteso o doppio senso che ci rendeva complici nell’intenderci tra noi in modo esclusivo!

Avevi un tuo lessico distintivo, che spacciavi a piena voce, con saluti particolari che poi venivano adottati dalle tue compagnie: “kelokè” per salutare quando entravi in una stanza; “ehi, boludo!” (dibattuto in famiglia riguardo alla sua effettiva traduzione) per apostrofare qualcuno come a dire “eh, vecio!”, oppure “sei un diego” da riservarsi a quelli particolarmente brillanti. Senza dimenticare che la vera pace dell’anima si trova “nel chilling”, ovvero là dove si sta (o si è) quando la situazione apporta un significativo benessere. Alla domanda “dove siete stati di bello?” spesso la risposta era “nel chilling, in zona Uni”, tutto chiaro.

Tanto ti piaceva parlare quanto ti infastidiva il dover scrivere, probabilmente consapevole di qualche lacuna dovuta alla scarsa confidenza con i libri (ma le riviste no, e il web nemmeno). Mi dicevi “papà, dobbiamo cominciare a scrivere la tesi”… Eh già, “dobbiamo”. In fondo, però, la tua considerazione sincera mi faceva piacere e tu sapevi con certezza che alla fine non avrei mancato di pettinare qualche periodo o sistemare qualche consecutio temporum.

Non abbiamo nemmeno il rimpianto di gesti inespressi,
perché anche in questo campo la tua fisicità non era mai trattenuta. Ricordo che alla fine del primo pranzo di Natale in compagnia della famiglia di Silvia, suo nonno Otello, guardandovi salutare prima di andare via, mi confidò che “non aveva mai visto dei nipoti che baciano così tanto i nonni”; probabilmente aveva ragione, tu e Luca siete una rarità, ma avete imparato che l’affetto ha bisogno di espressione fisica e ne avete sempre fatto dono a chi vi sta attorno. Sono segni di ricchezza. Avete sempre accettato con piacere la regola di famiglia “dell’abbraccio” che non abbiamo mai mancato di applicare. Prima di uscire di casa vi guardavamo dicendo “dimentichi niente?” e ci venivamo incontro in un abbraccio di saluto. Il piacere di stringersi “almeno una volta al giorno” (ma spesso erano due o tre) serviva a confermarci anche fisicamente che ci volevamo bene… Iniziavamo così al mattino, quando ti svegliavo (e te ne lamentavi sempre) con un bacio augurale per una buona giornata. Che chiudevamo dopo molte ore quando rincasavi, da buon Lorini spesso a notte fonda, e il papà, ancora sveglio davanti al PC, poteva accoglierti per condividere gli accadimenti della serata davanti a un depurativo bicchiere d’acqua…

E che dire dei gesti di accudimento della tua mamma, sempre pronta a rispondere alle tue esigenze last minute, a provvedere al tuo outfit (da cambiarsi anche due o tre volte al giorno) e ai tuoi pasti fuori orario? O delle nonne, che arrivavano a chiamarti per comunicarti il menu e raccogliere le ordinazioni? («la Cocca, per me, ha sempre l’acqua sul fuoco», dicevi). Ma eri dolce e servizievole e sapevi farti voler bene, senza arroganza. Sapevi conquistare la benevolenza con il sorriso e con la tua attenzione alle persone, non mancando mai di fare una telefonata o una visita, anche solo per un saluto. Con i tuoi zii, e specialmente con lo zio Renato, avevi un rapporto unico e privilegiato, e così anche con i nonni, con i quali trascorrevi tanto tempo in attività le più diverse, in particolare col nonno Giorgio, con il quale amavi approfondire la storia della nostra famiglia e i dolori dell’Esodo zaratino, durante la vostra infinita partita a carte settimanale (fino ad oggi… e per chi se lo stesse chiedendo: il nonno ha chiuso in vantaggio!). Sapevi di poter contare su una squadra compatta, e per le cose più pratiche ti affidavi alla solidità concreta di Luca che cercavi sempre come supporto alle tue mille idee, che magari non sapevi come realizzare. Il suo senso pratico e la sua competenza, complementari alla tua fantasia, ti hanno sempre dato la sicurezza che cercavi. Che vi voleste bene era evidente e il legame strettissimo che vi univa si esprime oggi nel grande dolore del tuo fratellone.

Nessun rimpianto, infine, per il tempo speso assieme.
Ne abbiamo trascorso davvero tanto, quando tu e Luca eravate bambini, ovviamente, ma anche dopo; e ancora di recente non perdevamo occasione per sfruttare i piccoli ritagli della tua vita molto intensa per un aperitivo, un film assieme (anche roba “pesante” e impegnata, come i documentari di Mondovisioni alla Fucina Machiavelli), una visita al museo…

Benedico la scelta di utilizzare i periodi di congedo parentale, che mi hanno regalato mesi estivi di accudimento esclusivo quando eravate più piccoli, nei quali abbiamo potuto vivere esperienze insolite per la vostra età (quante vacanze in bici, noi tre!); e pure benedico il part-time, di tua mamma e mio, una possibilità in più che ci ha regalato tanto tempo prezioso… (e quanto sia stato prezioso lo capiamo ancor meglio oggi, che ti abbiamo perso).

A un certo punto stavi per fuggire… 18 anni, la maggiore età e maggiore autonomia… e poi il lockdown. Una coesistenza coatta, io e te (mamma in ufficio, Luca all’Università) ci ha permesso di riscoprirci, e che riscoperta! I nostri pasti assieme (una pastasciutta, tutti i giorni, ché non c’era il tempo di preparare altro), cucinando a turno, seguendo “Passato e presente” di Paolo Mieli su RAI Tre e commentando i fatti del giorno al telegiornale, parlando, parlando, parlando, ci hanno riavvicinato tantissimo, e da quel momento è stata tutta una grande bellezza, un continuo relazionarsi, confrontarsi, scriversi…

Luciano è diventato Lucianone, per te e per tutti gli amici, con il mio orgoglio di padre che l’ha proprio sentito sulla pelle, tutto il tuo affetto e la tua stima, mentre raccontavi agli amici (probabilmente esagerando) quanto fosse in gamba il tuo papà, e con un sorriso mi chiedevi di mettermi in posa con te per la foto durante il BeReal (lo facevi con lo stesso entusiasmo con tutti i familiari, che il BeReal quando capita, capita). Non è comune, e non si tratta di azzerare le barriere genitore-figlio in un afflato giovanilistico di puro narcisismo. No, era affetto sincero e ci mancherà tantissimo.

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Il verso di una canzone di Goran Kuzminac recita “Mordi la vita prima che lei ti morda”. Crediamo che tu sia riuscito a mordere la vita alla grande prima che la vita ti mordesse con tanta veemenza, e ci conforta l’abbraccio della nostra grande famiglia e di tutti i tuoi amici che in questi giorni ci hanno testimoniato il loro affetto e la loro immensa perdita. Sappiamo che nessuno che ti abbia conosciuto potrà mai dimenticarti, ma sappiamo anche che per noi sarà molto difficile affrontare ogni giorno senza di te, senza il tuo sorriso.

Ci resta una grande nostalgia di tutto quello che non sarà, ma guarderemo i tuoi amici crescere e diventare uomini e donne adulti e realizzati, e sarà per noi un modo per vedere e immaginare i mille tuoi futuri possibili.

Il nostro cuore è triste ma il tuo ricordo brilla.
Kelokè, boludo Leonardo, sei un diego, grazie per essere stato quello che sei stato.

Papà Luciano(ne) e mamma Lisa, Luca e Silvia,
nonna Clara e nonno Lele, nonna Rita e nonno Giorgio con tutti gli zii e cugini.

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Desideriamo ringraziare con il cuore tutti voi per aver voluto essere presenti a salutare il Leo. La vostra vicinanza e il vostro affetto sono per noi un grande conforto. Per omaggiare lo stile festaiolo di Leonardo abbiamo pensato ad un piccolo aperitivo (un “AperiLeo” ) nel giardino qui fuori, per salutarci con calma e provare a lasciarci con un sorriso al posto delle lacrime. Siete tutti invitati.

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4 Commenti

  1. Buongiorno.
    Ho potuto conoscere vostro figlio attraverso un gioco online.
    E mi ha fatto molto male sapere della sua dipartita.

    È stato un ragazzo capace di tenere vivo un gruppo di perfetti sconosciuti.

    Dio vi doni conforto per questa grave perdita.

    Leo sarà sempre vivo nei miei ricordi.
    In fondo, lui mi chiamava “zio” ed io “nipote”; un parente acquisito.

    Vi sono nel cuore, lo dico da padre.

    1. Gentilissimo Antonio, grazie per le sue parole e la sua testimonianza.

      Immagino che si trattasse di “Clash of Clans”.
      Ci giocava spesso, anche solo un paio di minuti nei tempi morti, seguendo la crescita del suo villaggio e non abbandonandolo agli attacchi esterni. Non sono mai entrato in questo mondo, i videogiochi non sono il mio forte, ma ogni tanto lo osservavo in questo suo impegno di cura, che nemmeno sapevo prevedesse relazioni interpersonali. Il suo messaggio mi ha quindi fatto sorridere al pensiero che anche nel mondo virtuale Leonardo fosse in grado di intessere relazioni e fare da “mediatore sociale”. Era un suo grande dono, e in molti lo ricorderanno per questa sua innata capacità. Senz’altro a me, a Lisa e a Luca fa piacere sapere che Leonardo resterà vivo anche nel ricordo del suo “zio” di clan: è una consapevolezza importante, che ci aiuta a stare bene. Se lo vorrà, sfogliando queste pagine a lui dedicate avrà la possibilità di conoscerlo meglio.

      Continui a giocare anche in nome di Leo e porti, se possibile, un saluto ai suoi compagni di squadra.

      Le auguriamo una buona vita, grazie ancora.

      Luciano e Lisa con Luca

  2. Ciao! Non ho conosciuto Leo ma sono veramente commossa.
    Invio un saluto alla famiglia, augurandovi tutta la pace e la luce infinita.
    Sono una donna Argentina, abito a Verona da 2 anni e la vostra storia mi ha toccato veramente il cuore… “Boludo”: un modo di dire talmente argentino! Lo usiamo ogni due parole… mai avrei immaginato che lo dicesse un Italiano.

    1. Gentile Carolina, grazie per il suo saluto e le sue parole.

      Leonardo amava molto l’America Latina e coltivava diverse amicizie provenienti da molti paesi del Sudamerica. Tra i molti suoi progetti c’era anche quello di trascorrere là un periodo di lavoro post-laurea, il prossimo anno, prima di intraprendere il percorso magistrale. Le dirò di più: per rimarcare questa sua predilezione per la lingua e la cultura di matrice ispanica, amava scherzare con i suoi amici facendosi chiamare Rodrigo. Anche a Pamplona, durante il suo periodo in Erasmus, aveva richiesto di poter condividere l’appartamento con compagni latinoamericani… Era stato accontentato e aveva goduto assai di questa situazione portando a casa un prezioso bagaglio di relazioni umane ed esperienze culturali.

      Riguardo al “boludo” c’era una scherzosa schermaglia tra noi, dato che un amico ci aveva riferito trattarsi di un termine non proprio gentile, un modo di apostrofare il prossimo al limite dell’irrispettoso. Leonardo rideva e faceva spallucce, apostrofando l’amico come male informato. Che si trattasse di una questione di età? O forse in Paraguay il significato è leggermente diverso? Non lo sappiamo; di sicuro Leo non ha desistito dall’usarlo, forte della sua esperienza che lei oggi ci conferma (e grazie per aver voluto dirimere definitivamente la questione).

      “Boludo” era comunque diventato il suo saluto, spesso declamato a voce alta, perché tutti potessero sentire, con un largo sorriso. E con questo saluto in molti lo ricorderanno, come testimoniato dal cartellone con le sue foto preparato da Luca e dai suoi amici, che può vedere nell’articolo su questo sito.

      Grazie ancora per la sua gentilezza e per la condivisione. Buona vita.

      Luciano e Lisa con Luca

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