Civiltà semaforica
C’era una volta, nella bella Verona, un impianto semaforico (anzi due) degno della migliore Europa. Come a Londra, in Regent Street, quando allo scattare del verde pedonale tutto il traffico motorizzato si ferma per lasciar posto a sciami di pedoni (ai quali per un minuto è consentito l’attraversamento dell’incrocio in tutte le direzioni, diagonali comprese), anche nel nostro centro cittadino, ai due incroci di via Degli Alpini con largo Divisione Pasubio e poi di via Pallone con stradone Maffei, l’omino verde regalava un momento di pace assoluta, parentesi protetta per pedoni e ciclisti, che tra l’altro consentiva a questi ultimi, provenienti da Piazza Bra’, il raggiungimento in sicurezza della corsia ciclabile sul lato opposto in via Pallone.
Orbene, nella generale indifferenza, oggi questo non è più. Il nuovo impianto semaforico dedicato al Trasporto Pubblico Locale (quelle lanterne strane, con i triangoli gialli e le sbarre bianche verticali o traverse) ha portato con sé una nuova ripartizione dei periodi di attraversamento, ripristinati secondo la tradizione classica dei flussi paralleli. Che comporta l’altrettanto tradizionale pericolo derivante dai veicoli in svolta, i quali, in virtù del diritto loro assegnato dal semaforo, chiedono strada ai momentanei concorrenti generando spesso puntigli (pure i pedoni hanno il medesimo diritto, sebbene più deboli), pericolo e smarrimento, specie nei più vulnerabili, bambini e anziani in primis. Un duello impari e senza senso, che si potrebbe evitare con il solito buon senso, non scritto in alcun regolamento o codice, ma sempre apprezzato quando applicato.
La ragione del provvedimento è valida e condivisibile: consentire ai mezzi pubblici un tempo esclusivo per svoltare a sinistra in stradone Maffei, manovra molto impegnativa da quando al traffico privato è stato consentito di proseguire da via Pallone verso piazza Bra’. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di snellire il trasporto pubblico, ma bisognava per forza farlo a scapito della pedonalità? Una volta di più a Verona pare essere questa l’unica soluzione possibile, mentra fra tutti i concorrenti in gioco sarebbe proprio il mezzo privato (al quale invece vengono garantite sempre maggiori concessioni) a dover essere disincentivato.
In controtendenza con le città più avanzate, che chiudono i loro centri storici alle auto, da noi si stanno infatti allargando le maglie con sempre maggior leggerezza. Tanto, tutto l’intra moenia è Zona 30: ai soliti ecologisti dovrebbe bastare, no? Si contestano i provvedimenti definiti contrari alla pedonalità: ma sono in realtà pensati per garantirle maggior sicurezza, non se ne sono accorti? Su di un attraversamento pedonale un pedone potrebbe pensare di essere al sicuro e agire con leggerezza. Se invece lo si modifica o, meglio ancora, cancella egli, nella necessità comunque di attraversare, utilizzerà senz’altro maggior cautela. Limpido! E’ proprio ragionando in questo modo, provvedimento dopo provvedimento, che nel giro di un paio d’anni il tratto da San Luca a ponte Aleardi è divenuto (specialmente in bici) uno dei più critici e pericolosi della nostra città.
A proposito di semafori in zona: all’incrocio tra via Pallone e via Ponte Rofiolo si trovava un rosso pedonale lungo oltre 100 secondi. Inspiegabile, dato lo scarso passaggio veicolare. Addirittura, nei primi periodi di modifica alla viabilità della zona, quando i vigili presidiavano l’attraversamento, rendendosi conto dell’assurdità di certe attese, provvedevano talvolta ad accorciarle accompagnando e proteggendo pedoni e ciclisti nella “violazione” del rosso. Ecco, a questo incrocio invece nulla è cambiato.
Luciano Lorini
(pubblicato il 22.08.2011 su Verona-in blog)