Leonardo

Paolo

Caro Luciano,

da giorni sento il bisogno di esprimerti almeno alcuni dei tanti pensieri che mi passano per la testa. Sto cercando a fatica di organizzarli e tradurli, pur mancandomi le parole e con il timore di scegliere quelle sbagliate, sempreché ne esistano di giuste in questi casi.

Ho davanti a me il selfie che ci siamo fatti a casa vostra, assieme a te e Lisa e al vostro Leonardo, dove i nostri sorrisi sono lì ad esprimere tutta la gioia dello stare insieme. Quella foto mi fa bene. Mi fa sentire fortunato, perché ogni volta che penso a Leonardo vedo quel sorriso. Il sorriso di Leonardo non era certo una rarità, come hanno testimoniato in tanti, ma io avevo poche occasioni per incontrarlo, anche se di lui sapevo tante cose, grazie ai tuoi racconti di padre entusiasta e giustamente fiero. Anche per questo ti sono grato per quell’invito a cena a casa vostra.

La notizia mi ha sconvolto, non riuscivo a crederci, era troppo terribile e ingiusta. Possibile che il destino possa essere così beffardo? Perdere un figlio è la cosa peggiore che possa succedere a un genitore, e se succede a dei cari amici la scossa arriva fortissima. Scusami se parlo del mio malessere più del vostro dolore, che posso solo lontanamente immaginare, ma in questo momento non trovo altro modo per farvi sentire la mia vicinanza. Al funerale ero in piedi, in fondo alla chiesa, gremita già molto prima del vostro arrivo, ma ho dovuto presto lasciare lì Sandra e uscire fuori all’aria, a respirare. Vi ho visto arrivare, tu e Lisa, nel vostro dolore composto, e seguire la bara dentro la chiesa. Ho seguito il rito, da fuori, ascoltando le testimonianze, bellissime perché capaci di trovare forza propulsiva nel solo ricordo di Leonardo, tanto deve essere stato il suo carisma e il suo contagioso amore per la vita.

Poi è stato il tuo turno.
Ricordo quasi ogni parola della tua “omelia laica”, di cui voglio fare tesoro. Un passaggio più di tutti mi ha colpito: la soddisfazione di non avere rimpianti. Cioè, l’aver vissuto e condiviso tanto, se non tutto, con il proprio figlio. La consapevolezza di aver dato e raccolto, di aver goduto il più possibile la sua breve vita, di aver “morso la vita, prima che la vita mordesse”. E di questa cosa mi sono ripromesso di fare tesoro e di metterla in pratica da subito con maggior convinzione e costanza con i miei figli. Ma soprattutto, caro Luciano, ho ammirato la tua forza d’animo, che io dubito avrò mai. Per non dire della vostra scelta di stare insieme alle persone che hanno voluto bene a Leonardo e che vi vogliono bene, in un momento conviviale dopo la cerimonia, proprio per convivere, vivere insieme. La conclusione più giusta.

Noi purtroppo abbiamo dovuto rientrare, per il nostro impegno di baby sitter, andando a prendere il nipotino, che abbiamo accudito fino a domenica sera, concedendo a Caterina e al suo compagno un momento di relax pianificato da tempo. E lì abbiamo ripensato a tua mamma Rita, che abbiamo salutato dopo la cerimonia, e che ci ha raccomandato di goderci il nipotino, così come sicuramente ha fatto lei. Ho anche abbracciato il vostro Luca, che mi ha stretto a sua volta a lungo e con forza.

La cultura dell’apertura all’altro, anche attraverso la fisicità: l’hai ricordata nel tuo intervento, ma io già lo sapevo, e proprio loro, prima Luca sul pianerottolo e poi lo stesso Leonardo me l’avevano ricordata solo pochi giorni prima, salutandomi così calorosamente, come si fa con una persona cara che non si vede da tempo, lasciandomi un po’ sorpreso e molto gratificato.

Siete delle belle persone, una famiglia alla quale non a caso così tanta gente è legata e affezionata. Umanamente dico che non vi meritavate questo schiaffo così violento, ma ora non mi resta che augurarvi, con tutto il cuore, di trovare il pensiero, il sentire, l’energia, qualsiasi cosa per riuscire a convivere con il vuoto lasciato da Leonardo, senza smettere mai di essere quello che siete. Sappiate che Sandra e io vi siamo vicini più che mai e che saremo ben felici di passare qualche momento con voi, nei modi e con i tempi che giudicherete più giusti, in libertà, serenità e amicizia.

Luciano

Veronese, classe 1967. Informatico di professione, coltiva mille passioni con cui impiega il sempre troppo poco tempo libero: musica, lettura, cinema e teatro, oltre a computer e bicicletta. Cittadino attento e sensibile, si interessa alla vita sociale e politica e pedala per la città perché crede nella bici come viatico per un maggior benessere, individuale e collettivo.

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